Small boat resting in front of the sea during the night, symbolizing reflection and emotional journey. AI generated

Sperlonga

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Quando le cose andavano veramente male, Giancarlo ritornava a Sperlonga per qualche giorno.
Era il suo modo per riconnettersi con la propria intimità. Il suo spirito, romantico e malinconico, si rianimava a contatto con quei luoghi che gli suscitavano quelle che lui amava definire “rimembranze forti”. Faceva sempre lo stesso percorso a piedi. Era una sequenza logica, un rito, un viaggio nei ricordi dall’infanzia all’età adulta. Con il suo lavoro di agente turistico aveva girato il mondo, sia personalmente che indirettamente, attraverso i viaggi che organizzava e i racconti dei clienti; avrebbe potuto rifugiarsi in paesi esotici, ma era rimasto negli anni fedele a questo pellegrinaggio al suo santuario della memoria. La sua mente, in modo selettivo, aveva legato ogni angolo del paese a un momento preciso della sua vita: i vicoli, le case e i giardini gli parlavano con voci familiari.

Il rituale della memoria

Partiva dal belvedere che dava sui laghi: quanti tramonti visti da quel punto! Gli abbracci appassionati mentre tutto il mondo veniva inondato da tonalità di rosso e dal suono dei bassi provenienti dal cinema vicino! Mozart di Miloš Forman all’arena, seduti sull’erba tra lucciole e zanzare!
“Guarda, lo vedi il profilo della maga Circe?”, gli chiedeva nonno Marco, indicando il Monte Circeo quando era bambino. “La costa è il suo vestito e Sperlonga è una gemma di agata bianca cucita per impreziosirlo”.
Aveva poi scoperto, parlando con un professore universitario suo cliente, che l’agata bianca era una pietra sacra ad Aurora, dea romana dell’alba, e a Cerridwen, la dea gallese della conoscenza: si credeva che donasse coraggio e capacità di non avere paura. Così Giancarlo si era convinto sempre più del carattere magico di Sperlonga e, quando passeggiava tra i vicoli stretti, guardava le case bianche in cerca del coraggio perduto: quei palazzetti incastonati erano per lui scrigni che racchiudevano tesori semplici di umanità.

Scendeva poi alla “Sorgente”, dove un tempo le donne lavavano i panni e le cui voci sembravano essere state magicamente intrappolate nell’acqua sempre fredda della piccola vasca, e si dirigeva alla Torre Truglia. “Lo sai che nel 1600 era abitata da un sergente e un solo soldato? Di notte i loro spiriti tornano nella Torre”, cercava di impressionare da adolescente i suoi primi amori nei lunghi mesi di vacanze estive. Ai tempi dell’università, che aveva abbandonato dopo due anni turbolenti, si sedeva spesso sul muricciolo di Via del Porto a suonare la chitarra e a cantare vecchie canzoni: con Meraviglioso, che interpretava con molta passione, strappava sempre gli applausi dei turisti e conquistava qualche cuore in cerca di consolazioni.

Dalla Torre scendeva al porticciolo e, percorrendo tutta la spiaggia di Levante, arrivava alla villa di Tiberio. I falò clandestini al canto delle cicale! Che tempi!
“Mentre l’imperatore Tiberio era in un simposio nella grotta, si staccarono alcuni massi dalla volta travolgendo tre schiavi. Seiano, un prefetto, salvò l’imperatore facendogli scudo con il proprio corpo. Stefania, tu sei la mia imperatrice e la vita è un simposio, un banchetto… ma se diventerà tragico, io sarò il tuo Seiano”. Dichiarò, in un eccesso melodrammatico, alla sua futura moglie in una notte di vino bianco e risa, una settimana prima del matrimonio.
Concludeva poi la passeggiata sdraiandosi sulla spiaggia a contemplare in silenzio le stelle.

Riconciliazione e Rinnovamento

Anche quella domenica di settembre, Giancarlo era tornato da Roma a cercare se stesso sul suo percorso rituale. Era uscito tardi, dopo la partita dell’Italia, dalla casa di nonno Marco vicino alla piazzetta dei bar. Dalle case si sentivano commenti animati: “Era rigore”, “Tu non capisci niente di calcio”, “Una squadra disposta così non andrà lontano”. Ogni tanto si sentiva il rumore delle bottiglie che cadevano nei cassonetti. La Luna era sorta maestosa e luminosa, ma la notte sembrava non ispirare niente di buono. Sulla spiaggia si respiravano ancora i profumi delle cene di pesce provenienti dai ristoranti dei lidi. Incontrò una coppia che si stringeva affettuosamente e una piccola comitiva di ragazzi che camminavano con i piedi nell’acqua.

Arrivò alla villa di Tiberio e si fermò di fronte all’inferriata. “Non è rimasto più niente per continuare. È tutto finito!”, pensò, in un abisso di delusione. La pandemia aveva messo in seria difficoltà la sua piccola azienda. Il suo umore negli ultimi mesi era peggiorato pesantemente ed aveva cominciato a prendere degli psicofarmaci.
“Che cosa farò? Chi mi potrà aiutare? Mi sembra non ci sia via d’uscita!”
Mentre la sua mente si appesantiva di immagini tristi, il vento portò una voce di ragazzo, come un sussurro:
“Guarda! Sono gli spiriti del sergente e del soldato su quella barca in mezzo al mare.”

Giancarlo si voltò sorpreso e sorrise: sbirciò prima nel buio del lido vicino per capire di chi fosse quella voce e poi si girò verso il mare. Vide una barchetta che si avvicinava alla spiaggia. Un uomo dalle spalle grandi vogava e uno più piccolo stava in piedi, un po’ ricurvo, a poppa; la sua sagoma gli ricordò nonno Marco. Sentì il cuore stringersi. I due scesero dalla barca e la tirarono sulla battigia. L’uomo più alto gettò la rete quasi vuota a terra.

“Domani andremo più al largo” disse l’uomo più vecchio.

In quel momento, come per miracolo, Giancarlo cominciò a piangere. Ripensò a tutte le volte che aveva visto il nonno alzarsi al mattino e, con il volto sereno, andare verso il mare. Più ricordava, più piangeva; più piangeva, più si sentiva libero. Pensò poi a tutti i marinai del mondo che nella notte si alzavano e affrontavano il mare. Pensò a tutte le reti vuote gettate sulle spiagge e nei porti del mondo. A tutte le notti di delusione e a tutte le mattine di rivincita. Un sentimento di pace gli inondò l’anima.

Si voltò, commosso e grato, verso il paese illuminato. Da lontano vide un cane correre verso di lui. Il cane gli arrivò vicino, gli saltò addosso e cominciò a fargli le feste.

“Minooo… sei un cane disobbediente. Ma ti voglio bene. Vieni, andiamo.”

E mentre gli teneva la testa tra le mani gli disse:

“Domani andremo più al largo.”

Comments

2 responses to “Sperlonga”

  1. M A Avatar
    M A

    Viaggiamo tanto e facciamo esperienze diverse però ritorniamo con nostalgia alle cose che sono scritte in noi.

    1. Marco Crescenzi Avatar

      Il nostro percorso di crescita e cambiamento si alimenta attraverso le radici della parte più profonda di noi stessi.

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